In Ricordo di Carlo Chiti: 19 Dicembre 1924 - 7 Luglio 1994
La seguente conversazione é nata nel 1994 riunendo la corrispondenza tra diversi appassionati alfisti nella “superstrada di internet” nel ricordo di una delle maggiori personalità della storia dell'Alfa Romeo.
Carlo Chiti può essere ricordato come il padre delle corse moderne. Chiti sviluppò la presa d'aria a “periscopio”, l'auto da corsa con motore centrale e lo spoiler posteriore dal quale oggi deriva l'ala posteriore. Chiti fu il responsabile del “programma corse” e dello sviluppo di tutte le auto da corsa costruite tra il 1965 ed il 1983.
Questo articolo, autore Robert Little, é stato pubblicato nel settembre 1994 sulla rivista americana “Alfa Owner”.
. Per la morte dell'Ing. Chiti, avvenuta il 7 luglio 1994, Don Black, Direttore Tecnico Alfa Romeo USA, scrisse: Un'altro Alfista é andato a correre sulla più grande pista sperimentale in cielo. I sopravvissuti osservano la fine di un'era. Le tradizioni ed i ricordi presto diventeranno storia e saranno i lettori a preservarne la memoria”
A mezzogiorno del giorno del suo funerale, il Popolo Alfista italiano si riunì in un silenzio di 3 minuti in ricordo dei suoi successi e per il dispiacere della sua scomparsa.
Spero che possiate apprezzare questo sguardo “dietro il sipario” di un grande Leader AlfaRomeo e del suo gruppo di uomini eccezionali.
Questa é la storia che dovrete ricordare e trasmettere ad altri.
Sinceramente,
Robert Little, New York Paralegal123@msn.com
Pat Braden: Fu Don Black a faxarmi la notizia della morte di Chiti il 7 luglio 1994. Devo iniziare il racconto con alcune spiegazioni, in modo che i lettori possano capire chi era Carlo Chiti. Come Enzo Ferrari gestì le grandi auto da corsa Alfa Romeo degli anni '20 e '30 con il nome di Scuderia Ferrari ed il logo del Cavallino Rampante, “Autodelta”, l'organizzazione creata da Carlo Chiti, fu l'artefice dei successi di Alfa Romeo degli anni '60 e '70, comprese le auto che dettero all'Alfa il Campionato Mondiale 1975 ed Campionato Mondiale Sport 1977.
Bob Little: Con Chiti finì un'era. Egli fu l'ultimo sopravvissuto dell'Era d'oro delle corse, eccettuato Don Blck. Nessun altro, di quella statura, é rimasto di quel periodo.
Braden: Mi sento di rispondere su questo punto al posto di Don, perché lui é una persona molto schiva. Devo dire che Oscar Feldman, Bob Little, Don Black e Dr. Paul Tenney hanno avuto Chiti come amico. Oscar diresse con Gaston Andrey alla metà degli anni 60. Paul servì come medico di gara per Autodelta negli USA e Bob, credo, sia uno dei più anziani dirigenti ancora nella ditta. La posizione di capo ingegnere negli USA diede a Don la possibiltà di lavorare a stretto contatto con alcuni dei principali personaggi di Alfa Romeo, di cui io ho solo sentito parlare. Da parte mia ho incontrato Orazio Satta solo una volta; Don era un suo ottimo amico. Per questo che Don ha molti aneddoti circa i grandi di Alfa Romeo, incluso Carlo Chiti.
Don Black: Come la volta in cui Chiti ebbe Surace (Alfa Vicepresidente della Ricerca e Sviluppo) in barca nel porto di Viareggio. Chiri era al timone e Surace era sul vano motore per osservare uno dei due motori Alfa entrobordo. Chiti gli urlò:” Io sono il Comandante e tu sei solo il ragazzo di camera...” mentre faceva veloci giri con la barca.
Little: tutti si rivolgevano a lui con la parola “ingegnere”. Il primo lavoro che mi diede all'Alfa fu quello di “ragazzo tuttofare” a Sebring. Mi insegnò anche la passione per il mondo Alfa Romeo , il cui nome vive ancora oggi tra gli appassionati del marchio Alfa..
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Oscar Feldman: Chiti aveva diverse personalità. Durante il lavoro era duro come un chiodo,a volte insopportabile. Aveva una voce tuonante e quando gridava a pieni polmoni poteva essere udito in tutta la fabbrica. Tuttavia, dopo l'esplosione, diventava la persona più piacevole e deliziosa che ci potesse essere.
Little: Uno dei momenti più bui di Chiti fu la Targa Florio del 1972 quando l'Alfa perse per un distacco di 17 secondi dalla Ferrari 312T di Sandro Munari. Durante la gara, uno dei suoi piloti dovette fermarsi brevemente lungo il percorso di gara per ragioni che non furono mi chiarite. Dopo la gara Chiti era incredibilmente furioso.
Black: Fuori dall'ambiente delle auto e delle corse, Chiti era una persona completamente diversa da quella che veniva descritto sui media. A dire il vero era veramente simpatico. Sono sicuro che la sua “immagine” era il risultato del suo notevole senso dell'umorismo. In realtà, quando si accorgeva di riuscire a trarre da te il meglio, abbassava la sua difesa. Chiti era sempre in compagnia del mio grande capo Filippo Surace. Sembravano inseparabili. Erano la copia di Laurel & Hardy. Battute e gag erano all'ordine del giorno, sempre improvvisate.
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Dr. Paul Tenney: Avrebbe potuto fare il comico, grande come Charlie Chaplin. Ricordo sempre come teneva il microfono del telefono:in punta di dita, come fosse un oggetto alieno.
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Black: Conosci qualcuno che chiama il suo cane come sua moglie???? Se Carlo chiamava: “Lina” e sua moglie rispondeva, Carlo rispondeva:”Non tu,...l'altro cane”!!!!! Con il suo limitato vocabolrio inglese specificava, per gli estranei “Lina dog” o “Lina wife”. Mi piaceva la scena: un colpo di umorismo, e la sua bella moglie aveva la pazienza di un Santo.
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Braden: Chiti parlava in inglese?
Tenney: difficile dirlo. Per quanto possa dire,nessuno di noi ne aveva veramente idea. Io ero nella squadra Sebring nel 1969...
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Black: Ricordi i 50° di temperatura nei box? Rivedo Chiti con le maniche arrotolate, ma sempre con il suo gilet.
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Tenney: Si. Ai suoi ingegneri faceva sempre indossare giacca e cravatta.
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Feldman: Guy Andrey mi raccontò quando, a Sebring nel 1965, Zeccoli aprì un foro di areazione nella TZ2 Autodelta perché era troppo caldo. Accadde un finimondo quando Chiti se ne accorse, ma il foro rimase. Dopo lo scoppio d'ira, Chiti ebbe un pranzo di quattro ore. Con la squadra aveva il pugno di ferro ma era una persona piacevole fuori del lavoro.
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Black: L'afa a Sebring era così intensa che Chiti era solito usare sulla testa un fazzoletto annodato agli angoli. Si versava Vodka sulle mani e poi la spargeva sulle braccia, viso e spalle. “La vodka non lascia odore come Wiskhey o Gin” spiegava".
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Tenney: Beh, prima ci stavamo interrogando circa l'inglese di Chiti. Ricordo che eravamo nell'edificio a Fungo di Sebring a bere vino italiano che Chiti aveva portato dall'Italia, nascosto dentro a qualche cassa di ricambi. Chiti raccontò una barzelletta, in italiano naturalmente, e tutti cominciarono a ridere talmente tanto che anch'io cominciai a ridere anche se non avevo capito niente. Chiti si girò e mi guardò con uno sguardo incuriosito. Non dimenticherò mai i suo sopracciglio alzato e gli occhi penetranti. Disse senza accento inglese: “Speak Italian, do you Paul?”
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Black: Ma ti sei preso la rivincita, la volta che a Sebring eravamo nel motorhome dietro ai box. Guardasti nella sua piccola borsa nera di “prontosoccorso” e gli chiedesti: ”Sei abilitato ad esercitare la medicina?”
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Braden: Per quando riguarda la storia, Chiti nacque a Pistoia il 29 dicembre 1924 ed entrò il reparto sperimentazione dell'Alfa Romeo nel 1952 come ingegnere, aiutando Satta a sviluppare la Disco Volante.
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Little: Chiti era molto attento alla segretezza dei dettagli dei progetti. Sviluppò nuovi disegni, come il convogliatore di aria a periscopio, alle spalle del pilota, per le auto da Gran Premio. Di tanto in tanto giornali ottenevano fotografie rubate durante i test al Balocco. Una delle foto che ho fatto mostra parti di carrozzeria dei prototipi 1969 e 1970 utilizzati come tettoia per il rifugio dei cani randagi che Chiti teneva in Autodelta. Chiti diceva che erano “test aerodinamici”.
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.Black: Chiti era ingegnere aeronautico. Non lo si può immaginare ai comandi di un J3 Piper Cub, ma lo fece, all'inizio degli anni '50, quando era veramente magro.
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Braden: Nel 1957 Chiti si trasferì alla Ferrari dove si occupò dello sviluppo sia del motore centrale per le auto da corsa che per lo spoiler posteriore; un progetto che successivamente si sviluppò nell'ala posteriore.
Little:Chiti aveva una mente estremamente attiva; sempre in esercizio e mai contenti dei risultati. Non si curava di documentare il lavoro svolto per la nascita o lo sviluppo di ogni nuovo progetto. Questa sua attitudine rendeva impossibile costruire un pezzo di ricambio conforme all'originale. Mike Ryan cercò di avere un nuovo albero a camme per la sua azione era inesistente o andata persa 33 Stradale, Chiti gli procurò 6 esemplari, tutti non idonei, solamente perché la document.
Black:C'e' una biografia su di lui. “Chiti Grand Prix” di Piero Casucci, editoreAutomobilia. Chiti lasciò la Ferrari nel 1962 per progettare la A.T.S. 1500 cc V8 per la scuderia Serenissima. Ma all'inizio del 1963 ritornò in Alfa Romeo per mettere insieme l'organizzazione che prese il nome di Autodelta. Nel 1965 Alfa passò tutte le attività sportive in Autodelta e Chiti ne diventò il Direttore Generale. Il primo incarico assegnto a Chiti fu di mettere su strada la TZ. Successivamente progettò la TZ2 con telaio e carrozzeria ribassata. L'impegno successivo fu di preparare la GTA per le competizioni sportive. La GTA vinse il Campionato Turismo Europeo nel 1966, 1967 e 1968 Secondo Peter Hull e Roy Slater “il successo di queste auto per tre anni consecutivi era abbastanza imbarazzante”. Autodelta produsse diverse versioni della GTA, come la GTAm e la GTA-SA, un coupé turboalimentato che utilizzava la pressione dell'olio invece dei gas di scarico per far girare le due turbine.
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Black: In vita mia ho incontrato appena 4, forse 5 persone che possiamo classificare “genii” Carlo era uno di loro. Una notte, a tarda ora, mentre cercavamo di nasconderci dallo “Sceriffo” (provando sulle piste, di notte, mentre Sebring funzionava ancora come aereoporto) Carlo guardò verso il cielo stellato sopra la Florida, puntò il dito verso una costellazione ed iniziò a nominare tutte le stelle che la componevano. Continuò così con altre 8 o 9 costellazioni, nominando tutte le stelle. Ora potete capire perché ogni T-33 a Sebring quell'anno aveva il nome di una costellazione. Ricordate i nomi di quelle auto? Il nome era scritto sul fianco di ogni auto (Nota dell'Editore: osservate la foto in basso a sinistra per uno dei nomi...)
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Braden: Chiti, successivamente, posò l'attenzione su una nuova auto da corsa sviluppata da Satta. Originariamente designata come tipo 105.33 ma che successivamente fu conosciuta unicamente come Tipo 33.
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Little: Ricordo la revisione del progetto originale T33. Il telaio originariamente era tubolare (diametro 10”) con forma ad “H”. I tubi facevano da serbatoi per la benzina. La T-33TT8 e la T-33TT12 utilizzavano, per trasportare benzina e olio, tubi da 1,5” in titanio per irrobustire il telaio. Gli ingegneri di Autodelta collaborarono a questo progetto. Chiti scoprì subito che i concorrenti, (Lola, Porsche e Ferrari) avevano un vantaggio nel minor peso perché utilizzavano un telaio monoscocca più leggero. A Daytona nel 1972 le Alfa avevano un maggior consumo di gomme a causa dell'eccessivo peso del telaio tubolare, ma Chiti mantenne questa struttura, in parte perché poteva salvare la vita del pilota in caso di incidente. Zeccoli (Capo dei piloti collaudatori al Balocco) un giorno sbatté con una Tipo 33 contro un muro laterale in terra a più di 180 Km/h e suppose di essersi salvato grazie al telaio della 33. Chiti fu profondamente colpito dalla morte di un pilota, Lucien Bianchi a LeMans, e fu portato a cercare soluzioni più sicure di costruire auto da competizione. Chiti e l'Ing: Garbarino svilupparono e brevettarono i serbatoi a celle in Fluobrene nei primi anni '70. Si trattava di una composizione a cellule con materiale schiumoso che miscelava Freon 1142B2 con il carburante in caso di incidente che rendeva il combustibile inerte. Questo fu un grande passo nella sicurezza delle auto da competizione e Chiti lo offrì gratuitamente alle case concorrenti. Chiti promosse il suo utilizzo presso CSAI e FIA, ma non ebbe seguito perché diminuiva la capacità di carico ed aumentava il peso delle auto. A mio parere “alcuni costruttori non tenevano troppo in considerazione la sicurezza e la sopravvivenza dei piloti”.
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Braden: Nel 1982 Alfa Romeo si ritirò dalla partecipazione ufficiale alle gare di Formula 1. Nel 1985 Chiti passò alla Motori Moderni per sviluppare un motore12 cilindri boxer per la Subaru da utilizzare in Formula 1 e per gare motonautiche.
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Little: “Abitando” nell'Infermeria della Autodelta per un certo periodo nel corso del 1972, conobbi tutti i cani e gatti randagi, alcuni feriti e malati, che Chiti raccoglieva nelle strade di Milano. Mangiavano gli avanzi dei pranzi del personale e sorvegliavano i capannoni contro topi e incursori notturni. Facevano anche compagnia al personale che lavorava per produrre GTAm, T-33 e GTV da rally.
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Black: Tutti sapevano che Chiti amava gli animali.Il suo appartamento a Milano era invaso da piccoli animali convalescenti raccolti per le strade.
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Little: Una sera gli chiesi perché collezionasse così tanti randagi. Chiti, faticosamente, con le poche parole di inglese che conosceva rispose: “Danger...for life”. Quelle parole rimasero impresse nel mio cuore e nella mente e significavano la sua compassione ed il rispetto per la vita.
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Black: Ricordo un pranzo in un elegante ristorante all'aperto sulle colline sopra Forte dei Marmi. C'erano molte persone, incluso Surace, Presidente della SPICA ed alcuni altri amici, inclusi me e mia moglie Margaret. Margaret si era seduta vicino a Chiti, perché nessun altro osava. Dietro a Chiti c'era un muro ricoperto di vite ed alcuni gatti del posto stavano osservando la nostra tavolata. Finito di mangiare un pezzo di pollo, Carlo tirava l'osso dietro le spalle contro il muro per la delizia dei gatti. Tutti diventarono pallidi, eccetto Margaret che si unì a Carlo nel tirare le ossa ai gatti. …...Da quel momento Chiti, apprezzando il comportamento di Margaret, continuò assieme a lei a tirare ossa di pollo ai gatti, mentre tutti gli altri diventarono ancora più pallidi.
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Braden: Don, a te l'ultima parola.
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Black: "Un'altro Alfista é andato a correre sulla più grande pista sperimentale in cielo. I sopravvissuti osservano la fine di un'era. Le tradizioni ed i ricordi presto diventeranno storia e saranno i lettori a preservarne la memoria”
"In Rememberance of Carlo Chiti"
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First Public Use: 1 January 2016
Copyright Robert B. Little
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Sono grato all’amico Robert che si è prodigato nel creare questo sito di memorie su Carlo Chiti e l’Autodelta, nomi che oggi appartengono alla storia dell’automobilismo. Sono felice di poter contribuire, almeno un po’, con i miei ricordi, a questa bellissima iniziativa.
Vorrei chiarire però una cosa. Io non sono stato protagonista di quella storia, nonostante l’abbia vissuta al margine in prima persona. Sono stato solo un fortunato giovanotto innamorato di corse e di automobili che si era trovato al posto giusto nel momento giusto. La mia storia è semplice. Sono italiano di origine serba, e da giovane ho avuto un grande sogno e una modesta esperienza nel mondo delle corse. Con alcuni amici-soci e il benevole aiuto di alcuni piloti e del costruttore Monteverdi, abbiamo cercato la fortuna con una piccola squadra corse, nata con lo scopo di preparare e noleggiare le macchineai piloti privati.
Uno dei “grandi” di quel periodo, un caro amico e uno dei piloti migliori in assoluto, Ignazio Giunti, mi ha fatto conoscere Carlo Chiti nel 1969. Negli anni a venire sono diventato prima cliente e poi anche amico del “Grande Capo”, e qualche volta partecipe di piacevoli serate condite di chiacchiere e buon Chianti. Vivevo a Milano in quel periodo e le occasioni non mancavano. Chiti era un interlocutore splendido, uomo di vasta cultura e dai molti interessi, e abile padrone delle discussioni, che riusciva a pilotare con facilità evitando di toccare questioni di lavoro. Mai una parola riguardo la vita o gli eventi interni dell’Autodelta, ma piuttosto amichevoli chiacchiere di tutto e di più.
Oggi appartengo allo sparuto gruppetto di “vecchi amici” che si raduna ogni tanto per rievocare le glorie, le gioie e i dolori del passato. Alcuni di noi hanno toccato il cielo del fantastico mondo delle corse, altri (come me) sono rimasti solo testimoni di questi magnifici giorni.
I miei ricordi coprono il periodo dal 1969 al 1972, quando vivendo tra Svizzera e Milano ero in contatto con Chiti e l’Autodelta. Nel 1973 ho lasciato Milano ed (ahimè) i miei rapporti con Chiti si sono ridotti allo scambio di cartoline in occasione di Natale, e qualche rara telefonata. Condivido con piacere le memorie che Don Black, grande alfiere dell’Alfa Romeo negli USA (e che certamente non è un nome nuovo per me) e gli altri entusiasti hanno dedicato alla storia di Chiti e dell’Autodelta nel 1994. Cercherò di unire a questo bel racconto anche qualche frammento dei miei ricordi, qualche dettaglio sconosciuto o qualche piccolo segreto, che potrebbe aiutare a capire quell’insolito genio.
Ricordo benissimo quel giorno freddo e piovoso del febbraio inoltrato quando mi recai con Giunti a Settimo Milanese ad un concordato appuntamento con lo “zio” (come lo chiamavano i suoi piloti). Chiti, bloccato dal traffico milanese tardava, ma quando arrivò, massiccio, imponente, vulcanico e rumoroso, ebbi l’impressione di conoscerlo già da tanto tempo.
Parlava con un’inconfondibile impronta dialettale toscana ed aveva modi educati ma familiari. Era gentile con gli impiegati ed affettuoso con gli onnipresenti cani che si incontravano negli spazi dell’Autodelta. Il giorno del primo incontro fu sigillato con il pranzo nel ristorante “Alla Collina Pistoiese”, suo ufficio informale nel cuore di Milano non lontano dal Duomo, dove rimase fedele al suo ruolo di capo supremo, esercitato con naturale generosità.
E’ nata così un’amicizia durata poi tutti e cinque gli anni della mia permanenza a Milano. Cani, macchine da corsa, libri, arte ed un’infinità di altre piccole cose erano temi condivisi. Chiti è stato il maestro indiscusso di chiacchiere informali, in grado di sorprendere sempre con la sua erudizione ed il vasto campo degli interessi, ma anche il maestro dei silenzi sull’attività professionale, sulle questioni tecniche o gli affari dell’Autodelta. Questi erano una specie di tabù, soggetti da evitare nelle conversazioni, così come il tema dei non idilliaci rapporti con il Servizio Esperienze Speciali (SES), dove la potente squadra di straordinari tecnici come Satta, Busso, Garcea, Nicolis e Surace consideravano l’Autodelta e Chiti un po’ come un’invenzione dell’Amministratore Delegato Giuseppe Luraghi, che aveva già penalizzato il SES, privandolo ingiustamentedel merito riguardo alla TZ, la GTA ed anche il progetto iniziale della T33.
Questa evidente mancanza di simpatia tra il Servizio Esperienze Speciali e Chiti era nata dalla convinzione che i progettisti del SES, pur sviluppando modelli importanti, furono relegati in secondo piano dal dominante ruolo di Chiti e dell’Autodelta. Il compito iniziale di far vincere le “loro” macchine, Chiti lo aveva trasformato nella propria immagine di “mago” delle piste. Nonostante l’indubbio curriculum che aveva portato con sé dalla Ferrari e l’ATS, voci maligne lo accusavano di abuso di idee altrui: ma il suono ruggente delle Alfe vittoriose nei circuiti sparsi in tutto il mondo era il “permesso” che gli assicurava un cammino continuo sulla strada prescelta. Nessuno al mondo poteva negare il suo enorme talento, la sua genialità e la capacità di risolvere i problemi con soluzioni immediate. Era sicuramente uno dei costruttori di motori da corsa tra i più dotati ed apprezzati al mondo.
Tuttavia, quando la meteora ascendente dell’Autodelta passò il punto del suo massimo splendore e la parabola prese una via in discesa, le leve del potere ad Arese non erano più nelle benevoli mani di Luraghi. Il crudele addio presentato a Chiti era solo l’ultimo atto di una guerra ormai persa, ed il “Chitone”, solo ed amareggiato, decise di tirare i remi in barca. Lasciava l’Autodelta, la propria creazione, che aveva riempito d’orgoglio i cuori italiani, ed una buona parte della sua vita. Di nuovo, come tanti anni addietro, diveniva solo un ingegnere in cerca di occupazione.
Chiti non era assolutamente interessato al denaro. Talvolta dipinto come prepotente, era un uomo dalle risorse incredibili, bramoso di confermare le proprie tesi e immerso in ore e ore di continuo lavoro. Instancabile e sempre in prima linea, richiedeva lo stesso impegno anche dai collaboratori. Era stimato ed amato dai “suoi ragazzi”, i quali potevano testimoniare le lunghe ore che passava con il cronometro in mano, anche sotto la pioggia battente, quando sulla pista di Balocco misurava i tempi sui giri cercando di intuire i problemi.
Aveva una fiducia incondizionata nel giudizio di Teodoro “Dorino” Zeccoli, pilota dell’Autodelta che aveva seguito la nascita di tutte le vetture create dall’Autodelta: un ottimo corridore e test-driver ufficiale, incaricato a provare tutte le vetture nate a Settimo Milanese. Zeccoli era il fedele compagno d’avventura che seguiva Chiti dai tempi dell’ATS, un pilota sensibile in grado di comprendere il mezzo che stava provando e di intuirne le possibili debolezze. Chiti lo considerava quasi come un estensione dei propri sensi. I piloti, sempre scelti da Chiti personalmente, erano in buoni rapporti con il “Grande Capo” e lo consideravano quasi come un parente stretto. Chiti ricambiava quei sentimenti con la cordiale gentilezza, pur avendo delle preferenze che però non manifestava mai apertamente. Suoi beniamini erano certamente de Adamich, Giunti, Galli e Toino Hezemans (sto parlando degli anni iniziali, dal ’67 al ’72), ma aveva anche un rapporto privilegiato con Merzario e una simpatia per la stella nascente Gian Luigi Picchi, che, giovanissimo, mieteva successi fino al punto da essere battezzato “il fattore vincente” dalla stampa. Tuttavia, quando Picchi alla nascita del primo figlio annunciava il suo ritiro dall’agonismo, Chiti appoggiò questa decisione, dicendo a Picchi in un colloquio privato che i piloti erano solo “carne da macello” in quel crudele circo che erano le corse.
In fondo le corse come le intendeva Chiti dovevano servire da banco di prova propedeutico ed evolutivo per le future soluzioni. Non parlava mai del passato se non per trarre lo spunto per un discorso che intendeva fare. E’ stato considerato l’artefice del trionfo della Ferrari in F1 nel 1961, con la 156, che coronava il suo sforzo di persuadere Ferrari in favore di un motore posteriore sulle vetture da corsa. Insieme all’amico (anche lui toscano) Giotto Bizzarrini, erano gli “uomini chiave” dell’ufficio progettazioni della S.E.F.A.C. ma anche parte della “congiura di corte” che li vide “angeli ribelli”, esiliati dal regno Ferrari. Questo fatto è stato interpretato a lungo come un indubbio segno di discordia con il “Grande Vecchio”, ed io, innamorato della figura di Enzo Ferrari, non potevo non fargli una domanda a riguardo. Mi rispose in tutta sincerità che la sua presenza nel gruppo ribelle era un semplice gesto di solidarietà verso Gardini, Giberti, Tavoni e Bizzarrini, e che tra Ferrari e lui non c’erano divergenze sostanziali. Per di più, aggiunse parole di stima verso il “Drake”, lodando il suo straordinario intuito e le sue grandi doti organizzative, ma non esitò a sottolineare la dipendenza di Ferrari dai pareri delle sue “spie” (usò proprio questa parola) e la sua debolezza di fronte ai pettegolezzi e le calunnie che gli venivano puntualmente servite.
Per la verità anche Chiti era convinto di essere accerchiato da “spie”, che si presentavano regolarmente al rapporto al Servizio Esperienze Speciali per riferire agli “amici” tutto ciò che accadeva al Settimo Milanese.
Ricordo un episodio che conferma questa sua convinzione. Chiti teneva in alta considerazione la “scuola britannica” nella progettazione delle macchine da corsa, e seguiva con attenzione il lavoro svolto da Chapman, Duckworth, Costin e Campbell. Gli avevo portato dalla Svizzera come regalo il libro “The Sports Car Engine” di Colin Campbell, all’epoca non ancora tradotto in italiano. Lo stava sfogliando incuriosito (l’inglese lo masticava poco per la verità), quando si presentò nel suo ufficio uno degli ingegneri da lui considerato “spia” del SES. Con la faccia seria, ed il suo senso dello humor tipicamente toscano, Chiti gli mostrò il libro, dicendo che dopo aver imparato le importanti nozioni contenute in quel manuale, sarebbe stato in grado di produrre sicuramente la macchina vincente. Più tardi mi disse (con un tocco di serietà) che potevo essere certo che le sue parole sarebbero state riferite agli “amici” del SES.
Un anno più tardi, ospite della sua bella casa non lontano dal quartiere San Siro, vidi sul tavolo dello studio quel libro, e questo mi riempì il cuore di gioia.
Comunque, i suoi rapporti con i collaboratori erano quasi sempre gentili e cordiali, nonostante le accuse che lo descrivevano come dispotico e burbero. Sotto il suo (spesso finto) atteggiamento scorbutico si nascondeva un’anima bonaria disposta ad offrire aiuto in caso di necessità. Anche il suo rapporto con il “big boss” dell’Alfa Romeo Giuseppe Luraghi era sincero e cordiale, basato su reciproco rispetto e simpatia. Ha preservato buoni rapporti anche con i fratelli Chizzola, fondatori insieme a lui dell’Autodelta, che hanno optato poi per non spostarsi dall’Udine dove l’Autodelta era nata.
Per quanto riguardava la gestione dell’Autodelta, la sua visione era un po’ antiquata e autocratica, con un suo esclusivo potere decisionale per quanto riguardava le questioni pertinenti alle corse. Tutto il resto, finanze, commercio ed amministrazione, erano delegati a persone qualificate di sua fiducia. Quando però Luraghi fu allontanato dal posto di comando, e dopo una breve e corretta collaborazione con Gaetano Cortesi, l’arrivo del tecnocrate Ettore Massacesi segnò un cambiamento decisivo del destino dell’Autodelta.
L’attività sportiva smise di essere la priorità della fabbrica di Arese, ed i poteri di Chiti furono platealmente trasferiti a persone decisamente non di suo gradimento. Ogni giorno rimaneva più solo e più esposto alle crescenti richieste dei vertici della fabbrica, privo delle risorse necessarie per sviluppare “armi” adeguate. Le vittorie sempre più rare ed il palmares sempre più magro hanno cominciato a riempire le pagine del curriculum sportivo dell’Alfa Romeo. Senza supporto ed ormai quasi ghettizzato, amareggiato e deluso Chiti sbatte la porta lascando per sempre l’amata fabbrica. Sull’orizzonte già si profilava una sfida nuova, e molti progetti ancora da realizzare. Con la nuova impresa Motori Moderni era sicuro che poteva dare ancora tanto al mondo dell’auto sport.
Ma un giorno del caldo luglio 1994, sorpreso e tradito dal suo grande cuore, Chitone se ne andò verso sconosciuti paddock e circuiti celesti… Dietro di lui, il mondo intero ed i suoi piccoli amici a quattro zampe rimanevano sicuramente più soli.
1 January 2016
Copyright Robert B. Little
"Giganti."
per gentile concessione degli archivi di Vladimir Pajevic-Pale`.
TZ-2 Primo progetto interamente progettato e costruito da Autodelta.
Gentile concessione degli archivi di Vladimir Pajevic.
Veloce!!!! scatta una foto.Un visitatore di questa pagina web nel 1978 avrebbe avuto la possibilità di passeggiare all'interno di Autodelta cercando alberi a camme per la sua GTV 2000. Ma tutto quello che avrebbe potuto vedere sarebbero stati solo muri...muri ovunque e guardie giurate che lo controllavano.
Questa é una istantanea di come era l'interno del cortile dove erano parcheggiati carrelli o Giulia Familiare Colli con rimorchi avvolti da teloni prima che il cancello fosse aperto su via Enrico Fermi. La riservatezza era moto importante; i test sulla pista del Balocco erano frequenti e sempre effettuati in gran segreto per quanto possibile.
Chizzola e Chiti – I fondatori di Autodelta ad Udine.
Foto gentilmente concessa dagli archivi di Vladimir Vladimir Pajevic-Pale`.
IlSig. Teodoro Zeccoli ricorda molto bene, durante i test al Balocco, l'incidente che ebbe in uno dei primi esemplari di TT-33/12, credo, dove perse l'efficienza dei freni ed andò a battere frontalmente su un terrapieno a più di 180 Km/h, perdendo i denti frontali superiori, ma per fortuna niente altro!!! Quel giorno si salvò grazie alla struttura tubolare del telaio realizzato dall'Ing. Chiti...che vide morire molti dei migliori piloti del suo tempo, senza alcuna ragione, se non quella di essere alla guida di auto da corsa molto fragili.
La prima GTA, telaio numero AR775001 in acciaio con Teodoro Zeccoli al Balocco.
Ing. Satta, Ing. Busso, President Luraghi and Ing. Chiti.
per gentile concessione degli archivi di Vladimir Pajevic-Pale`
Dott. Camillo Marchetti con Ing. Chiti Mario Andretti con Ing.Chiti.
...archivi Vladimir Pajevic-Pale`
Qui vediamo alcune delle persone che, dietro il sipario sostennero letteralmente il peso del lavoro in Autodelta......gli eroi in ombra e lavoratori di tutti i giorni che in Autodelta hanno collaborato così bene con l'Ing. Chiti per tutti i decenni degli anni d'oro dell'azienda.
Messrs. Marcello Gambini chief mechanic, Giovanni Manfredini, and Paolino Fiore, engine specialists that stayed much of their time in the dyno room, Pietro Maggi, Mr. Matati, Gobbi and Vaifro Vignoni all from engine repair and assembly in Hangar 2, Enzo Bulgarini,Luciano Avosani, Giuseppe Carraro, Antonio Damascchino, Arturo Faccioli, Giuliano Luppi, Giovanni Menati, Umberto Spregiaro,Ermis Peressutti, Ettore Vicario, and also Stroppa, Settimio, Liuni, Lucchi, the Moscardo brothers, Vanzo, Maestri, Longhi, Berno, Diego Della-Rosa, Renato Melchioretto, Shop Foreman Guiseppe Callegher, l'esperto gommista Milani, Fabbri, Leopardi, Paris, Taverna, Tosello, material handler Del Geloso, Favin, Nicola and Beartrice Paone, ed infine,ma non ultimo, il vulcanico autista dei trattori Mr. Calloni.
Successivamente arrivò il Sig. Ermanno Cuoghi, capo meccanico in Autodelta per i motori della Formula 1 e che continuò come meccanico personale di Niki Lauda; entrambi venivanodalla Ferrari per seguire il progetto Brabham Alfa.
Queste persone e molti altri uomini formidabili come loro costituivano la grande squadra di protagonisti che viaggiavano, come vagabondi, accompagnando le vetture di Autodelta in giro per il mondo assieme a tonnellate di materiale per riparare auto, motori, sospensioni o semplicemente per fare miracoli sul momento.
Ciò che li rese così a lungo fedeli ad Autodelta fu l'assoluto e instancabile amore per AlfaRomeo ed il loro profondo senso di orgoglio personale di essere parte di una grande Storia e di una grande tradizione del Quadrifoglio.
Per concludere questo lungo articolo di “Inside the walls”, Vladimir ha trovato una bellissima citazione latina che il giornalista Zigliotti utilizzò per descrivere l'ascesa e il declino di Chiti (1964-1983): “Iniquissima haec bellorum conditio est; Prospera omnes sibi vindicant, adversa uni imputantur” (Publio Cornelio Tacito); (Questa cosa ingiustissima segue in ogni guerra, che tutti si arrogano il merito dei prosperi successi, e gli avversi ad un solo sono rimproverati.)
Nessun'altra frase può meglio descrivere il destino di Chiti.
Spero che abbiate apprezzato questa rassegna di storie ed aneddoti di un grande Leader e di quel magnifico gruppo di persone che hanno lavorato con lui.
Questa é la storia che dovete ricordare trsmettere ad altri.
"...attraverso questo cancello sono passate alcune tra le vetture da corsa più interessanti concepite e costruite da uomini eccezionali; purtroppo ora questa cancellata è chiusa per sempre."
Vista del 7 Enrico Fermi # dicembre 2015 fotografia catturata da Contributing Editor e "Inside the Walls" traduttore Ulrich Zensen.
"...il 7 luglio 2017 sono passati 23 anni dalla sua scomparsa"
Posizione su Google Earth della tomba di Carlo e Lina Chiti a Pistoia, Italia:
In commemorazione della morte dell’Ing. Carlo Chiti, avvenuta il 7 luglio 1994, il Padre
dell’Alfa Romeo in Nord America e nostro stimato Direttore Tecnico Ing. Don Black scrisse:
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"Un altro Alfista e’ andato sulla grande pista di prova in cielo. Quelli che restano assistono alla fine di un’era. La tradizione ed i ricordi pre to diventano “Storia” che voi lettori entusiasti avete il compito di preservare.
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A mezzogiorno del giorno del suo funerale, l’Italia Alfista si unì in 3 minuti di silenzio e
cordoglio...per ricordare i suoi risultati, provanda una grande tristezza per la sua morte.
Spero che voi proviate piacere entrando in questo“dietro il sipario”di un Grande Leader
Alfa Romeo e di tutto il suo gruppo di Uomini."
Tutto questo fa parte della vostra tradizione e storia.
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Tramandatela.
Con simpatia,
Robert Little
New York
Paralegal123@msn.com
Un oggetto veramente raro, il distintivo commemorativo creato per la morte di Carlo Chiti, distribuito ai pochi che hanno avuto il privilegio di entrare in chiesa per partecipare al suo funeral.
Il solo distintivo distribuito ad un Americano fu questo riprodotto nella foto, donato dalla Signora Lina, moglie di Chiti, al Direttore Tecnico di Alfa Romeo USA, Don Black, che lo considera il riconoscimento piu pregiato e caro.
Tutto il popolo Alfista Italiano, come un gruppo unito, osservò tre minuti di silenzio, a mezzodì del giorno del funerale, in ricordo dei suoi successi per la Nazione......
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